Coltivare la fertilità

Coltivare la fertilità

Un suolo fertile non è solo una miscela di particelle minerali. Al centro della capacità di sostenere la vita vegetale e la produzione agricola c’è un ingrediente chiave: la sostanza organica. Essa conferisce struttura, intrappola e rilascia i nutrienti minerali, trattiene acqua, supporta la vita microbica e la biodiversità del suolo. Mentre nei suoli forestali e nei pascoli il contenuto di sostanza organica può essere molto elevato, fino ad arrivare, in climi freddi o molto umidi, a suoli organici e torbe, nei terreni coltivati con tecniche intensive questo ingrediente tende a ridursi, fino a percentuali inferiori all’1%, a causa dell’asportazione delle biomasse vegetali con il raccolto, delle eccessive lavorazioni e del ricorso a concimi minerali.

L’agricoltura industriale determina pesanti impatti ambientali, in particolare le perdite di carbonio sotto forma di CO2 e di azoto come N2O concorrono alle emissioni climalteranti. Un suolo povero di sostanza organica perde produttività, per questo occorre aumentare la somministrazione di concimi chimici, che però a lungo andare peggiorano la situazione.

Nell’agricoltura conservativa l’insieme di tecniche e lavorazioni rispettano la sostanza organica e la vita del suolo. Si fa ricorso a rotazioni e sovesci, all’uso di colture di copertura per evitare di lasciare i terreni scoperti nelle stagioni non produttive, all’uso di fertilizzanti organici (letame, compost, digestati, ecc.), e alla eliminazione delle lavorazioni profonde (semina su sodo). Ripristinare adeguati livelli di sostanza organica e limitare la concimazione chimica permette di conservare la fertilità riducendo i costi energetici di coltivazione, ed ha un’importante conseguenza: i suoli tornano ad accumulare carbonio, sottraendolo all’atmosfera e contribuendo alla lotta al cambiamento climatico.