Degrado del suolo
Il suolo vive un’esistenza molto più precaria di quanto si pensi: a livello globale l’ONU segnala che un quarto delle terre coltivate sono in condizioni di crescente degrado, con gravi rischi per la continuità della produzione agricola. Non a caso, una delle sfide più impegnative tra quelle elencate dagli SDGs (obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU) è quella di perseguire a land degradation neutral world, ovvero fermare la crescita dei processi di degrado del suolo entro il 2030. L’Europa e l’Italia non sono estranee al problema. Tra le principali minacce per l’Italia si segnala, infatti, l’erosione idrica che affligge soprattutto le regioni appenniniche. Si stima che in Italia, mediamente, vengano perse per erosione idrica 8,3 tonnellate di suolo per ettaro/anno, il valore peggiore tra tutti gli Stati continentali, con una responsabilità legata alle pratiche agricole intensive, specie in territori collinari. Anche l’erosione eolica ha un peso non trascurabile, con il 10% del nostro territorio a suscettibilità “moderata” o “alta” proprio per questa minaccia. La perdita di sostanza organica è ovunque associata all’agricoltura industriale: in Italia le pianure coltivate presentano generalmente tenori di sostanza organica eccessivamente bassi, inferiori al 2% e, al Sud e nelle isole maggiori, addirittura inferiori all’1%. Una condizione che, combinandosi con i cambiamenti climatici, rappresenta l’anticamera della desertificazione, a cui risultiamo concretamente esposti. Per quanto riguarda la compattazione, dovuta a lavorazioni con mezzi agricoli pesanti che distruggono la struttura dei suoli, l’Italia presenta livelli “medi” o “alti” di suscettibilità nella Pianura Padana e lungo le fasce coltivate del versante adriatico e isole maggiori. Anche le problematiche di contaminazione diffusa sono molto rilevanti. Ciò trova riscontro sia nell’utilizzo di pesticidi – tra i più alti d’Europa – sia nell’eccessiva concentrazione di nitrati, soprattutto nelle zone a forte intensità zootecnica della pianura lombarda. A ciò si sommano ben 15.000 siti di potenziale contaminazione. La salinizzazione, che in Italia riguarda soprattutto le piane costiere esposte a intrusione salina, è da monitorare in relazione agli effetti possibili del cambiamento climatico, che espongono a questo rischio i suoli irrigati, in particolare quelli della Pianura Padana. La stessa pianura è fortemente esposta a rischio di compromissione delle funzioni biologiche a causa della perdita di biodiversità dei suoli. Infine, si segnala la franosità, una forma di degrado che interessa tutte le catene montuose e relative fasce collinari.