Il consumo del suolo

Il consumo del suolo

Tra le forme di degrado che affliggono il suolo europeo, quello relativo alla perdita di superfici per interventi di cambio d’uso, a favore di infrastrutture, edifici, discariche, cave o altri interventi che comportano sottrazione o asportazione del suolo e della sua vegetazione, rappresenta la forma più aggressiva e meno reversibile.

Per l’Italia questa è sicuramente una minaccia prioritaria, che ha già causato una perdita di superfici quantificata da ISPRA pari al 7,6% della superficie nazionale: un territorio esteso quanto la Toscana. Sebbene altri Paesi europei come Olanda, Belgio, Germania, presentino livelli di consumo di suolo comparabili o addirittura più alti, il dato per il nostro Paese è allarmante in rapporto all’orografia: il consumo di suolo, infatti, si concentra nelle aree di pianura, al Nord e nelle fasce costiere, che in un territorio dalla morfologia accidentata come quello italiano rappresentano una risorsa territoriale scarsa e preziosa. Inoltre, il consumo di suolo si pone in diretto conflitto con l’utilizzo produttivo, comportando la perdita, prevalentemente, di superfici agricole.

Significativo è il dato di incremento registrato fino ad oggi: dagli anni ‘50 il suolo complessivamente urbanizzato è triplicato, con una crescita che non trova riscontro nella demografia, ma è maggiormente correlata all’impetuosa crescita delle infrastrutture stradali e, associata a questa, alla crescente dispersione insediativa, cominciata come sprawl abitativo (crescita di insediamenti diffusi, sobborghi, città satellite, abusivismo) e consolidata dal decentramento più recente di insediamenti industriali, commerciali, terziari.

A livello europeo, si distingue tra land take, misura del territorio trasformato nella sua destinazione d’uso, e soil sealing, intendendo la quota di suolo effettivamente impermeabilizzato. Una parte (al netto delle aree verdi e pertinenziali o comunque mantenute permeabili nel tessuto urbano), sottratta ad ogni residua funzionalità ecologica, inclusa quella relativa alla infiltrazione delle acque piovane, in diretta relazione con l’aumento del rischio idraulico connesso a fenomeni meteorologici intensi e, nelle grandi aggregazioni, con lo sviluppo di isole di calore urbane.